La parola ignoranza è da sempre sinonimo di negatività culturale, un ignorante di solito è una persona gretta, arida, spesso stupida, eppure letteralmente la parola sottolinea solamente una non conoscenza, la persona ignorante è una persona che “ignora” una determinata cosa o una determinata materia, contemporaneamente potrebbe essere un Dottore o sommo conoscente di altre materie.
Stanti così le cose riconoscere a questa parola la suddetta funzionalità denigratoria significherebbe paradossalmente asserire che solo l’onniscienza assume valore positivo, tutto il resto è solo ottusità e aridità….. per fortuna le cose non stanno così.
Del resto la stessa onniscienza rischierebbe di assumere, se non valore negativo di certo il sinonimo di noia infinita, se tutto si conosce e tutto si sa, scompare per sempre il valore della ricerca e della scoperta relegando la vita ad un insopportabile nonché tedioso spazio temporale forse fin troppo esteso.
Per fortuna mi ritengo quanto di più lontano da qualsiasi forma di onniscienza riservandomi contemporaneamente una curiosità ed una voglia di conoscenza e di nuove scoperte che non mi vergogno a definire quasi infantile.
Monteleone di Spoleto
È grazie a questo stimolo dell’ignoranza che durante il viaggio di avvicinamento a Norcia in occasione della terza edizione di quella Sortita Sibillina che sancisce l’inizio dell’inverno per il nostro gruppo mototuristico, improvvisiamo una deviazione verso la sconosciuta cittadina di Monteleone di Spoleto attratti dal medievale profilo cinto di mura che ci sovrasta dalla bassa collina.
Ma stavolta non sarà la semplice attrattiva architettonica a soddisfare la nostra insaziabile sete di conoscenza e a ridurre l’infinita “ignoranza” che ci sospinge avanti, grazie ad una piccola dose di fortuna e alla precisa professionalità del custode di un particolare museo che ci avvicina nei pressi della piazza principale veniamo, stupiti, a sapere della esistenza di uno straordinario reperto archeologico e della sua lunga storia culminata con il suo ritrovamento ma non ancora terminata. Ma andiamo con ordine.
Durante i lavori necessari alla realizzazione della sua casa, e nello specifico durante la rimozione dei detriti nell’area destinata all’aia, il contadino Isidoro Vannozzi scopre nel 1902 nei pressi di Monteleone di Spoleto, sul Colle del Capitano, l’ingresso di una antica tomba.
La tomba intatta dai tempi della sua chiusura e mai violata da saccheggiatori svela uno straordinario tesoro a corredo della sepoltura di un uomo ed una donna presenti al suo interno, su tutto si evidenzia una magnifica Biga da parata finemente lavorata in bronzo e legno.
Vannozzi si rende subito conto del valore della scoperta (alcuni asseriscono che avesse già individuato la tomba prima della messa in opera del cantiere e che lo stesso sia stato aperto con il preciso intento di comprendere la tomba all’interno della proprietà) anche se il valore in denaro che ne riceve in cambio dopo la vendita ad un antiquario di Norcia non appare congruo, per un tale tesoro la contropartita di un numero di tegole necessario alla copertura del tetto appare quantomeno ridicola, eppure a quanto sembra questo è quanto Isidoro ne ricavò.
La Biga di Monteleone
Tra varie peripezie e passaggi di mano la Biga, disassemblata per essere facilmente nascosta, giunge a Parigi dove sosterà per breve tempo prima di giungere nel 1903 al Metropolitan Museum di New York donata da un facoltoso magnate che l’aveva appena acquistata.
Una volta ricostruita, in modo errato per vari anni prima che un confronto con altri ritrovamenti simili in Italia ne consentisse il corretto montaggio costituirà uno dei pezzi di maggior pregio del museo stesso.
Non è la straordinaria fattura di questo prodotto artigiano, probabilmente Etrusco con influenza Greca,del VI sec a.C. a costituire il motivo principale della sua fama quanto il quasi perfetto stato di conservazione difficilmente rintracciabile in reperti del genere di similare epoca.
Impossibile comunque non rilevare la grandissima bravura di chi lo ha realizzato, considerando il periodo di realizzazione la accuratezza delle finiture e dei particolari dei pannelli è stupefacente.
La Biga da parata o da cerimonia (le dimensioni ne escludono utilizzi diversi e la irregolarità del territorio Italico ne escute assolutamente impieghi militari) è costiutita da tre pannelli riportanti scene della mitologia Greca e più precisamente quelle legate alla figura di Achille.
Sul pannello principale possiamo osservare Teti che consegna al figlio Achille le armi divine forgiatela Efeso, ai due uccelli visibili in alto si dà valore di presagio, da un lato rivelano la futura gloria dell’Eroe dall’altro la sua morte.
Sul pannello di sinistra Achille combatte contro un avversario la cui lancia si piega sull’elmo dello stesso, in quella figura alcuni vi ritrovano Memnone re degli Etiopi, altri Ettore prima della sua morte durante l’assedio di Troia.
Univoca l’interpretazione del pannello di destra raffigurante la morte di Achille e la sua ascesa al cielo a bordo di un carro trainato da cavalli alati, sotto il carro giace Polissena sacrificata in suo onore.
La avvincente storia raccontata in modo sapiente dal custode del museo riscuote la nostra completa attenzione mettendoci a conoscenza di questo suggestivo quanto famoso reperto del quale ignoravamo l’esistenza.
A questo punto vi chiederete, ma se la Biga è a New York, il museo di Monteleone cosa custodisce???
Alcuni anni fa allievi della scuola del Maestro Manzu realizzarono su commissione del comune una copia quasi perfetta della Biga che, pur non riportando la dovizia di particolari del suo originale ed essendo stata realizzata con tecniche diverse, risulta molto significativa ai fini della comprensione della magnificenza del reperto da anni conservato al Metropolitan.
Osservazione quella della Biga in copia che risulta possibile proprio, ovviamente, all’interno del museo che stiamo oggi visitando affascinati dal racconto del capace custode.
Ma le vicissitudini del Carro d’Oro (o Golden Chariot) come è stata soprannominata dagli americani non sono terminate, o almeno così spera il comune di Monteleone da tempo impiegato in una battaglia legale con il museo di new York nel tentativo di farsi restituire quanto, a loro giudizio, illegalmente trafugato.
Ovviamente il museo nella persona del suo direttore, si guarda bene dal concedere la restituzione (e la benché minima speranza che ciò possa un giorno accadere) di uno dei pezzi più famosi della loro esposizione e gemma principale della fastosa inaugurazione della nuova ala museale avvenuta nel 2007.
Rifiutando la teoria della acquisizione illecita lo stesso Direttore contesta anche la politica delle restituzioni chiedendo all’Italia dove siano finiti i pezzi precedentemente restituiti e scomparsi non appena rientrati in patria, sottolineando contemporaneamente lo sfavillante palcoscenico che il Metropolitan dedica alla Biga e ai numerosissimi visitatori che ogni anno ne osservano le perfette fattezze.
Esaltazione che, ci par di leggere tra le righe, la Biga potrebbe non ritrovare al suo eventuale rientro in Italia, una ipotesi questa che non mi trova in disaccordo conoscendo la (scarsa) cura che riserviamo al nostro straordinario patrimonio storico, artistico e culturale.
Vorrei anche rilevare quanto le pretese dirette del comune potrebbero risultare poco consistenti se tese a ottenere la restituzione ed il possesso di un'opera che mai, il pur suggestivo borgo, potrà dotare di meritevole e da tutti facilmente raggiungibile contenitore, solo una azione a livello nazionale nell’intento di esporre la Biga in uno dei più importanti musei del nostro territorio potrebbe almeno risultare degna di considerazione.
Ringraziato chi ci aveva invitato alla acquisizione di nuove importanti conoscenze riprendiamo la visita alla piccola e suggestiva cittadina ancora tutta da scoprire e da apprezzare, soprattutto da degli ignoranti come noi.
In finale, consiglio vivamente a tutti quelli che si trovano a passare in zona di dedicare un po' di tempo alla visita di questo gioiello Umbro e al suo piccolo museo dedicato alla copia di uno dei più straordinari reperti che sia mai stato ritrovato in Italia.
Ogni viaggio, ogni nuova esperienza riduce di fatto il volume della nostra non conoscenza, ma se l'estensione totale del sapere è infinita possiamo tranquillamente affermare che, anche nel caso in cui riuscissimo ad assumere conoscenza infinita, essa resterà comunque infinita, una stimolante prospettiva che trova conforto anche prendendo in esame contesti territoriali ridotti e ben circoscritti.
Per l'uomo che sa cercare ci sarà sempre qualcosa di nuovo da trovare. Dovunque.
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