I Bambini per imparare a camminare devono conoscere le conseguenze del cadere
L’esperienza maturata negli anni ha fatto sì che potessi arrivare al mondo delle due ruote a motore con coscienza e un particolare e fondamentale approccio; perché per sapere cosa succede quando si cade non c’è miglior lezione di quella di cadere…..
Ma se in precedenza ho sostenuto che non sono mai caduto in tutta la mia carriera, dove sta la fregatura??
La spiegazione è abbastanza semplice, dato un certo tipo di influenza giovanile e visto il periodo (parliamo degli anni ’70 e inzio anni ’80) in cui il fuoristrada, nella fattispecie motocross e enduro, la facevano da padrone non potevo che seguire un percorso ben preciso, iniziato ben prima della possibilità di guidare un mezzo a motore.
Un percorso che di fatto inizia quando la prima cosa che cercavo una volta tolte le rotelline alla bici era una cunetta sulla quale saltare, ma molto più realisticamente prende il suo via con il possedere la regina delle biciclette da fuoristrada/cross: una bella Graziella.
Modificata togliendo i parafanghi con la quale scorrazzare in tutti quei contesti in cui si può ritrovare un dosso una cunetta una curva parabolica sterrata, un percorso fuoristrada; all’epoca tutto andava bene dall’argine dei fiumi sabbiosi ai cantieri delle case in costruzione in parte lasciati incustoditi (era un epoca più avventurosa e meno tutelata per noi bambini…) alle piste di pattinaggio dove di posavano assi e mattoni per realizzare dei trampolini più o meno sicuri.
Ma non era soltanto per questo che si caratterizzava il periodo, era il tempo di ragazzi che guardavano pochissimo la tv e non conoscevano l’alienazione regalata degli smartphone e dalle consolle di gioco; erano giovanissimi che giocavano e si raggruppavano per isolati confrontandosi e sfidandosi tra di loro in numerose attività sportive o similari; nelle cittadine come quella dove io abitavo erano stessi cortili delle scuole ad essere utilizzati per queste attività e le gare di ciclocross venivano organizzate proprio in una di queste scuole.
In queste strutture venivano svolte “abusivamente”attività come il calcio la pallavolo, il rugby senza che di fatto nessuno si sentisse in dovere di farle cessare; al tempo non era ancora nata la consuetudine in incolpare altri per le nostre negligenze: noi eravamo gli unici responsabili della nostra sicurezza; l’unico supporto dato dalla madri (i padri erano ancora di vecchio stampo, interagivano relativamente con i figli e quando lo facevano erano dolori….) era il seguente:
“Vedi di non farti male perché poi quando troni a casa ti faccio male anche io!!!”
E di questo supporto ne avevamo piena coscienza dato che le occasioni per farsi male non le facevamo certo mancare: attività come il pattinaggio o le discese con i Kart autocostruiti dotati di cuscinetti al posto delle ruote avevano segnato profondamente più di una parte del nostro corpo e le reazioni delle nostre amate madri a tali ferite erano state tutto tranne che comprensive!
Tornando in tema; Ecco apparire un primo fattore determinante per la mia crescita professionale, al quale seguirà un secondo ancora più importante.
La Graziella non è stata la mia prima bici, per un determinato periodo ho avuto anche una bicicletta da Cross con gli ammortizzatori all’epoca pesava circa 8 tonnellate ad ogni tre pedalate due venivano assorbite dagli ammortizzatori.
Tecnicamente era all’avanguardia ma non era il mezzo adatto alle mie esigenze e alla mia esperienza
non c’era niente da fare all’epoca la Graziella era l’arma migliore per combattere nei campi da ciclocross leggera agile, si dimostrava imbattibile in questi contesti. Insostituibile
In queste gare gli scontri erano veramente all’ultimo sangue: partenze in gruppo, salti anche esagerati, curve paraboliche affrontate dopo una veloce discesa spalla a spalla, una bagarre infinita… e maledettamente divertente!!
Rovinare a terra in queste battaglie era ovviamente molto frequente e la cosa non si rivelava così piacevole nonostante le velocità ridotte le conseguenze di queste cadute erano spesso dolorosissime e non erano legate solo ad abrasioni più o meno profonde di ginocchia e gomiti; a volta qualche braccio o qualche caviglia si spezzava costringendo il malcapitato ai 40 giorni canonici di gesso, un segno quasi positivo che contraddistingueva il fatto di essere attivi e combattivi!!
Nasce quindi in questo particolare contesto la consapevolezza che cadere a velocità basse causa dolore e lesioni più o meno gravi, da questa consapevolezza inizia a germogliare un pensiero ancora latente: se questo è il risutato di cadute a bassissima velocità, cosa potrà mai succedere a velocità decisamente superiori??
A breve sarebbero arrivati i 14 anni e con l’agognato motorino 50cc eravamo pronti ad affrontare un mondo dai confini un po’ meno ristretti….
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